lunedì 18 dicembre 2017

SI AVVICINA IL VOTO E LE CONTRADDIZIONI DEL M5S (E LEGA) ESPLODONO



di Massimo Colaiacomo

     A mano a mano che la campagna elettorale entra nel vivo, gli slogan e le parole d'ordine devono cedere il passo a comportamenti necessariamente ragionevoli e con argomentazioni meno precarie rispetto a quelle fin qui mostrate. Si tratta di un cambio di passo obbligato se si vuole abbassare il livello di scetticismo dell'opinione pubblica e convincere una quota di indecisi a recarsi alle urne domenica 4 marzo. Lo spirito ribellista fin qui visto nei comportamenti delle forze "radicali" ha seminato quanta più rancore poteva, e sembra difficile che possa ancora allargare i consensi in vista del voto.
     Ecco allora la necessità, soprattutto per le forze che hanno puntato molto sulla carica anti-sistema, di resettarsi per trovare una lunghezza d'onda che le metta in sintonia con l'opinione pubblica  moderata o comunque meno incline all'avventurismo. Impresa non sempre facile, dopo aver avvelenato i pozzi per mesi quando non per anni. Ma i nodi sono comunque destinati a venire al pettine. Ne sa qualcosa il candidato premier dei Cinquestelle, Luigi Di Maio, e l'eterno arrembante del centrodestra, Matteo Salvini. Succede, così, che su grani questioni che toccano l'interesse nazionale - si pensi all'appartenenza alla UE e alla permanenza nell'euro - sono grillini e leghisti, al momento a dover pagare un prezzo in termini di credibilità. Dopo essersi spinti molto avanti nelle critiche all'Europa e alla moneta unica (qualcuno ricorderà il libriccino esibito fino a qualche tempo fa da Salvini e dedicato all'uscita dall'euro) fare macchina indietro o comunque aggiustare il tiro significa esporsi a dei contraccolpi non irrilevanti in termini di immagine e di credibilità.
     Ne sa qualcosa il buon Di Maio, costretto da qualche giorno a barcamenarsi  sulla questione dell'euro. Restare o uscire? E come può garantire stabilità all'Italia un premier che ha in programma di lasciare l'Europa e la sua moneta? Gli escamotage fin qui trovati sconcertano per la loro ingenuità. Dire che sarà il popolo a decidere attraverso il referendum (non previsto dalla Costituzione su materie come la politica estera e l'appartenenza ad alleanze internazionali), e assicurare che lui personalmente voterà per uscire dall'euro, sono posizioni in stridente contrasto con l'immagine rassicurante di leader moderato e "stabile". Non è meno stravagante l'idea, in caso di una vittoria elettorale ma senza la maggioranza, di rivolgere un appello ai partiti la sera stessa dei risultati, senza peraltro costruire alleanze o coalizioni "termini che vanno banditi dal vocabolario". In ogni democrazia parlamentare, se ci sono termini che hanno una cittadinanza piena nel lessico politico sono proprio "alleanza" e "coalizione", come ben sanno i tedeschi, gli austriaci e altri Paesi.
     Non appare meno semplice la posizione di Salvini. Si prenda la vicenda austriaca. Il governo di centrodestra appena insediato ha lanciato una vera e propria provocazione annunciando che nel 2018 sarà concesso il passaporto, e quindi la doppia cittadinanza ai cittadini di lingua tedesca residenti in Alto Adige. Ora, un partito che abbia ambizioni nazionali, come ha la Lega di Salvini, non può tacere su questa materia. Salvini, invece, ha pensato bene di fare esattamente l'opposto e indicare nel governo austriaco il modello a cui intende ispirarsi. Con ciò collocandosi all'opposto delle critiche  all'Austria rivolte da Giorgia Meloni. Per Berlusconi c'è un gran lavoro da fare per tenere in piedi una coalizione attraversata da spaccature profonde più di quanto non appaia.
     Appare del tutto evidente come da qui a marzo gli elettori si troveranno alle prese con una campagna elettorale convulsa e confusa. E se il M5s pensa di tenere alta la tensione sulla vicenda bancaria per mettere la sordina alle proprie contraddizioni, dovrà arrampicarsi sugli specchi ogni giorno alla ricerca di argomenti e spunti di qualche rilievo. Salvini dovrà anche considerare che il governo austriaco al quale dice di volersi ispirare ha indicato nell'Europa e nella moneta unica due riferimenti irrinunciabili. A conferma che anche le forze "radicali", una volta a contatto con la realtà del governo, devono mettere in naftalina certi slogan.   

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