sabato 16 dicembre 2017

IL VOTO DI PRIMAVERA COME IL MERCATO DELLE ILLUSIONI (E DELLE PAURE)



di Massimo Colaiacomo

     In generale i partiti fanno leva su due opposti sentimenti che dominano nell'opinione pubblica alla vigilia di un voto ritenuto importante o presentato come tale: la disponibilità dell'elettore a lasciarsi sedurre dalle promesse, illusorie quanto si vuole, e insieme la paura dello stesso elettore per il salto nel vuoto o semplicemente per l'incertezza che potrà scaturire dal voto. Si tratta di due sentimenti nient'affatto opposti, ma stimolati dalle forze politiche nella speranza di ottenere, da un lato, il consenso di quella vasta parte di elettorato che ha sofferto di più i morsi della crisi di questi anni, e, dall'altro lato, allarmare quella parte di elettori che temono di essere chiamati a pagare il conto fiscale della crisi dopo esserne rimasti al riparo.
     Si spiega così il doppio binario seguito dai partiti, di centrodestra e di centrosinistra, che hanno un solo avversario nel movimento Cinquestelle. A ben vedere non esistono differenze vistose nelle posizioni fin qui espresse da Forza Italia, Lega e PD. In attesa di conoscere i programmi, ammesso che saranno mai resi noti, il movimento di Beppe Grillo si è portato avanti con il lavoro e, per grandi linee, ha reso noto i punti del suo programma. Esso prevede: reddito di cittadinanza ai disoccupati e sostegno alle famiglie incapienti; riduzioni fiscali per le piccole e medie imprese; sostegno all'innovazione tecnologica. Sia chiaro, anche gli altri partiti hanno sparato le loro cartucce: Forza Italia e Lega introdurranno la flat tax, cioè una tassa unica che prevedono fra il 25% e il 30%; le pensioni minime saranno di mille euro per tutti. Il PD insisterà invece sui bonus, e assicura che sarà esteso quello degli 80 euro ai pensionati e alle altre categorie rimaste escluse.
     C'è, come si vede, un'attitudine alla spesa fatta apposta per portare una ventata di ottimismo anche nel più incallito pessimista degli elettori. Viene allora da chiedersi: perché mai gli elettori recalcitrano tanto e disertano le urne? Quali altre paure, oltre all'incertezza del dopo voto e al salto nel vuoto, tengono l'elettore lontano dal seggio? Insomma, se vincono i grillini, come sostiene Berlusconi, l'Italia finirebbe nelle mani di un manipolo di pauperisti, di persone che "non hanno mai lavorato", capaci solo di coltivare l'invidia e il rancore sociale. C'è, come in ogni polemica politica, una parte di verità nelle parole di Berlusconi. Bene, allora gli elettori sensibili a queste argomentazioni dovrebbero recarsi in massa per impedire che un tale pericolo prenda forma. Invece, alle politiche del 2013 o al turno amministrativo del 2016 come alle ultime elezioni regionali in Sicilia, gli elettori se ne stanno a casa o altrove e ai seggi si recano in una misura vicina o inferiore al 50% degli aventi diritto.
     È come se gli elettori, posti di fronte alla paura del salto nel buio, avessero deciso di esorcizzarla lasciando a coloro che esercitano il diritto del voto di decidere anche per gli altri. Ė curioso vedere come la paura del futuro finisca per mescolarsi al disinteresse per il futuro stesso con ciò generando un comportamento schizofrenico. Questo comportamento ha trovato una duplice spiegazione negli analisti: da un lato, la perdita di credibilità del ceto politico; dall'altro, la rassegnazione degli elettori convinti che chiunque uscirà vincitore dalle urne non potrà mai raddrizzare la rotta e risolvere i problemi dell'Italia. Un elettore scettico sul "chi" votare e "per fare che cosa" è anche un elettore disponibile a fare un bagno di realismo, mettendosi alle spalle illusioni e promesse. Sarà forse il caso di chiedersi come mai, al netto degli errori politici commessi nella parte finale del suo governo, la lista di Scelta Civica di Mario Monti, cioè del premier tanto avversato per la riforma delle pensioni e per la mini-patrimoniale, si sia presentata alle elezioni e abbia raccolto oltre il 15%. Che cosa ha spinto gli italiani a tributare un consenso tanto ampio e inimmaginabile sulla carta? Sicuramente la serietà del personaggio, ma più probabilmente il linguaggio di verità e di concretezza con cui seppe rivolgersi al Paese. Nel 2013 l'affluenza alle urne, in calo di quasi 5 punti rispetto al 2008, segnò un ragguardevole 75% alla Camera e al Senato, traguardo che sembra stellare da raggiungere nel marzo 2018.
     Non ci sarà nessun Mario Monti in campo alle prossime politiche. L'Europa sembra così remota dalle vicende italiane che nessuno dei partiti in campo spende neanche più una parola per criticarla. Il "montismo" ha lasciato scoperto un'area non piccola dell'elettorato italiano. Ma non c'è nessun leader politico dotato del coraggio necessario per coprire quella domanda di realismo e di concretezza. Per questo al prossimo voto mancherà almeno quel 15% di elettori.

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