martedì 7 giugno 2016

PERCHÉ GLI OPPOSITORI DI RENZI SCELGONO L'AVVENTURA GRILLINA


di Massimo Colaiacomo



     Circola, fra alcuni partiti estromessi dai ballottaggi, l'idea alquanto stravagante, e pericolosamente ingenua, di invitare i propri elettori a votare il candidato grillino - per dire, Virginia Raggi, a Roma, e Chiara Appendino, a Torino - con l'obiettivo di colpire direttamente Renzi affossando i suoi candidati rimasti in lizza, cioè Roberto Giachetti, a Roma, e Piero Fassino, a Torino. Il risultato del primo turno ha visto un progresso notevole del movimento 5s, soprattutto nelle grandi aree urbane e meno, molto meno, nei centri medi e piccoli dove più forte rimane il controllo dei partiti tradizionali. L'idea di vedere nel movimento grillino una clava da usare contro Renzi non è particolarmente nuova. In politica accade spesso, in omaggio alla massima secondo cui "il nemico del mio nemico è mio amico", che partiti estromessi da una competizione decidano di affidarsi allo spirito di vendetta per colpire in qualsiasi modo colui che ritengono essere stato l'artefice della loro sconfitta. In Italia, nel 1922, popolari e liberali decisero di appoggiare il primo governo Mussolini convinti, con Benedetto Croce, che sarebbe stata una parentesi più o meno breve ma tale da consentire di ripristinare l'ordine pubblico minacciato dal nascente partito comunista e dal socialismo massimalista.
     Non è passato molto tempo da quando opinionisti e analisti politici sentenziavano sui tratti autoritari del grillismo, vi scorgevano somiglianze più o meno vaghe con regimi illiberali. Si sa che in politica, come nella vita, niente da più successo del successo. Così quella che fino a ieri vista e denunciata come una minaccia incombente sulla nostra democrazia, dopo una sola tornata di elezioni amministrative ha acquistato, agli stessi occhi, i tratti di una nuova classe dirigente, preparata, dinamica se non addirittura affidabile. E si citano gli articoli ammirati della stampa internazionale (che in genere capisce poco o niente dell'Italia) come altrettante decorazioni al valor civile del grillismo.
     Un solo leader politico, anzi, vista la sua progressiva marginalità si può definire former leader, Silvio Berlusconi, ha confermato il suo giudizio allarmato su Beppe Grillo e il M5s. Berlusconi non ha esitato a definire, già da u paio d'anni, quel movimento come una minaccia alla democrazia e contro i 5s ha fatto la sua campagna elettorale, alternando critiche feroci ora a Grillo ora a Renzi. Diversamente dai suoi mancati alleati, Giorgia Meloni e Matteo Salvini, pronti a votare Virginia Raggi al ballottaggio per la conquista del Campidoglio. La parola d'ordine nel centrodestra è "mai con il PD", quella di Berlusconi è "mai con Grillo" e da qui l'invito a votare scheda bianca al ballottaggio.
     Perché ha ragione Silvio Berlusconi a non imbarcarsi con i suoi alleati-competitori nell'avventurismo grillino? Perché è irragionevole e infantile utilizzare il ballottaggio a Roma per mettere in difficoltà Renzi, forse, ma sicuramente i romani? Il premier cambierà per questa ragione la riforma elettorale e tornerà al premio di coalizione e non più alla lista? È difficile per lui fare macchina indietro, addirittura impossibile poi se si trova in una condizione di assedio, dentro e fuori il PD. Vincere i ballottaggi a Roma e Torino non riduce di un grammo lo stato di grave difficoltà in cui si trova il governo. Lasciare via libera a Grillo significa creare invece difficoltà notevoli ai cittadini di Roma e di Torino il cui governo, come si sa, verrebbe deciso dagli algoritmi della Casaleggio&associati.
     È un abbaglio politico, allora, l'idea di condannare romani e torinesi a cinque anni di avventurismo grillino pensando così di aver indebolito Renzi in vista del referendum di ottobre. Perché, a ben vedere, il ragionamento del premier secondo cui "sul referendum sarà un'altra storia" può essere utilizzato dai suoi avversari, almeno da quello più avveduti, e rovesciarlo: "votiamo Giachetti e Fassino, ma a ottobre sarà un'altra storia". La politica, in fondo, consiste ancora oggi nel tentativo di salvare capre e cavoli. Nel caso specifico, salvare torinesi e romani oggi, per salvare a ottobre l'Italia da una riforma della Costituzione "inutilmente pericolosa". 


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