venerdì 10 giugno 2016

LA NAZIONALIZZAZIONE DELLO SCONTENTO E IL TOTALITARISMO A 5 STELLE


di Massimo Colaiacomo


     La tradizione antiparlamentare e antipluralistica tipica dei movimenti nazionalisti affonda le sue radici nell'Ottocento, ma il suo Dna è stato elaborato e custodito gelosamente nelle diverse fasi della Rivoluzione francese.  Il rifiuto del M5s a stringere alleanze purchessia con qualunque altro partito si iscrive in questa precisa tradizione, il cui culmine fu l'affermazione dei movimenti totalitari in Europa subito dopo la fine della Prima guerra mondiale. La forza del M5s risiede in una tavola di valori nazionali e nel cospicuo numero di nemici quasi tutti esterni alla nazione. La candidata sindaco di Torino rifiuta l'Ata velocità, simbolo dell'integrazione europea, e ha candidato nelle sue liste esponenti di quei Centri sociali che hanno provocato scontri e feriti nei cantieri della Tav. La candidata sindaco di Roma non vuole le Olimpiadi, altra circostanza, più ancora della Tav, di apertura al mondo globalizzato. L'una e l'altra tenute insieme da quel mastice potente diventato nel frattempo l'antieuropeismo e il rifiuto dell'euro. Il tutto in nome della lotta alla corruzione dilagante, della salvaguardia dell'ambiente, e, in definitiva, della nostalgia per un mondo intatto e incontaminato stravolto da una modernità senza regole. La fuga nel passato, associata al bisogno di legalità e di onestà (mai, prima dei funerali di Gianroberto Casaleggio, si era udita una folla salutare un feretro al grido di "onestà") sono ingredienti alla base del successo elettorale, ma non ancora politico, del movimento grillino.
     Sottovalutare, come pure sta accadendo nelle analisi di commentatori e opinionisti, la forza devastante e antidemocratica dei 5s è la premessa per trasformare in successo politico quella che rimane al momento un'affermazione elettorale. L'ostilità strategica a stringere alleanze con gli altri partiti è spiegata da Grillo con la necessità di spazzare via un'intera classe dirigente per sostituirla con una nuova. Bersaglio di Grillo, e di chi ingenuamente lo asseconda, è il PD in quanto unica forza organizzata rimasta a occupare la scena politica. Alla Lega che offre i suoi voti per il ballottaggio, il grillino Di Maio replica, giustamente, mostrando sprezzo per un endorsement da nessuno chiesto e mai sollecitato. Né Salvini né altri a lui pari hanno capito fino in fondo la natura vera dei 5s, la naturale vocazione totalitaria di un movimento destinato a farsi partito soltanto se e quando conquisterà il 51% dei consensi per governare l'Italia.
     Guardare a questa ipotesi come a una delle tante, possibili opzioni politiche è l'ultimo degli errori consentito al ceto politico. Né Salvini né Meloni, né i partitini alla sinistra del PD hanno colto fino in fondo la gravità di questa circostanza. Grillo si trova la strada aperta perché la crisi delle istituzioni e il tracollo del sistema politico oltre che di alcune istituzioni finanziarie, uniti alla crisi sociale ed economica, non ha trovato argini sufficienti nelle istituzioni rappresentative. Se l'organizzazione di un movimento attraverso il web e la ricerca di un algoritmo per decidere chi espellere e chi tenere nei 5s può apparire, ed in effetti è, una pericolosa deriva della democrazia, è pur vero che nessuna ricetta alternativa è stata finora allestita se non la (pessima) riforma costituzionale e la (terribile) riforma elettorale di Matteo Renzi.
     Bocciare la riforma nel referendum è opera utilissima, ma assolutamente pericolosa se dal fronte del NO non dovesse uscire un'alternativa chiara e comprensibile. Il sistema elettorale ribattezzato "Italicum" non è neppure un simulacro della democrazia rappresentativa. Ma esso è funzionale tanto a Renzi quanto a Grillo. E rimarrà tale sia che vinca il PD sia che vincano i Cinquestelle ai ballottaggi. Renzi ha scelto una china pericolosa decidendo di ridurre lo scontro politico fra la sua persona e Grillo. Presentarsi come l'ultimo antemurale di fronte al dilagare dell'autoritarismo grillino è un gioco rischioso che non porta né al Partito della Nazione né alla rifondazione di uno schema bipolare. Per ridurre i rischi ai quali si espone la infiacchita democrazia repubblicana è opportuno ripristinare il premio di coalizione in luogo di quello alla lista. È il solo modo, in attesa di trovarne di migliori, per ridare respiro al pluralismo e alla politica.

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