lunedì 14 dicembre 2015

IL FRONT RÉPUBLICAIN RISCHIA LA FINE DELLA LINEA MAGINOT

Che cosa dice all'Italia il voto per le regionali in Francia


di Massimo Colaiacomo

     La logica del Front républicain ha prevalso ancora alle elezioni regionali francesi. Hollande e Sarkozy si sono dato reciproco sostegno, grazie alla desistenza, e sono riusciti nell'operazione, fin troppo scontata, di imbrigliare le velleità del Front National di Marine Le Pen. Nessuno dei vincitori ha gridato alla vittoria ma, paradossalmente, è stata l'agguerrita Le Pen a issare la bandiera se non della vittoria certamente di leader della principale opposizione nelle dodici regioni governate da socialisti e repubblicani.
     È stato già osservato che il Front républicain ha avuto il suo battesimo nel lontano 2002, allorché Chirac, vincitore al primo turno delle presidenziali, si trovò a sorpresa al ballottaggio con Jean Marie Le Pen, che al primo turno aveva prevalso sul candidato socialista Lionel Jospin. In quell'occasione, il voto degli elettori socialisti si riversò senza problemi sul candidato del Rassemblement pour la République. Fra le due circostanze esistono però differenze notevoli: nel 2002, c'era un vincitore e uno sconfitto, con una rappresentanza parlamentare esigua per il Front e nell'impossibilità di incidere purchessia sulle scelte del presidente. Le elezioni regionali di ieri, consegnando al FN oltre il 30% dei suffragi, hanno dato a Marine Le Pen una forza elettorale e un numero di parlamentari regionali quale mai prima aveva avuto l'estrema destra francese. Un risultato simile significa per il FN avere il monopolio dell'opposizione, tanto nelle regioni controllate dai repubblicani quanto in quelle controllate dai socialisti. Non sarà ancora quel solido trampolino di lancio per le presidenziali del 2017 come immaginava, e sperava, Le Pen ma tanto basta per complicare i rapporti fra socialisti e repubblicani sempre più destinati ad apparire una cosa sola agli occhi dei francesi. Rischiano di apparire la linea Maginot di un sistema politico al capolinea, consegnandosi alla fine ingloriosa della Maginot.
     Chi si trova nel campo degli sconfitti e chi in quello dei vincitori? Nicolas Sarkozy è sicuramente uno sconfitto di lusso. I Républicains hanno conquistato 5 Regioni, per di più il Pas-de-Calais dove più forte era il FN. Ma l'idea dello sfondamento a destra e il conseguente ridimensionamento del FN è stata seccamente respinta dagli elettori. Sarkozy si ritrova ingabbiato nella melassa della desistenza che funziona, nel doppio turno francese, per le presidenziali ma diventa un terreno viscido nel voto locale. Come potranno i socialisti essere un'opposizione intransigente alla destra moderata dopo averla votata contro Le Pen? Discorso analogo riguarda Sarkozy. È forse vero allora che scambiandosi un sostegno reciproco contro l'avversario comune, Sarkozy e Hollande si sono imprigionati a vicenda, consegnandosi all'immobilismo politico e, in prospettiva, a un ridimensionamento del fronte repubblicano.
     L'idea di svuotare il FN mutuandone temi e battaglie per declinarli secondo un alfabeto vigorosamente moderato è uscita sconfitta dalle urne. Vero è, al contrario, che una patina di moderazione messa da Marine Le Pen al suo programma le ha consentito di fare breccia in settori dell'elettorato fino a ieri ostili o comunque lontani dal sentimento lepenista.
     Quale lezione, se una lezione c'è, si può ricavare dal voto di ieri guardandolo dalla visuale italiana? Due o tre cose in rapida successione: a) un diverso meccanismo elettorale in Italia, impone alle forze, di centrodestra come di centrosinistra, di costruire alleanze le più ampie possibili per puntare al 40% o, in mancanza, raggiungere il risultato più ampio possibile per andare al ballottaggio. Quest'obiettivo è di vitale importanza soprattutto per la destra dove, con il crollo di Forza Italia, è venuto meno il perno dello schieramento b) la corsa solitaria è l'unica opzione nella strategia del M5s, ma anche l'unica realisticamente a portata di mano per una forza politica che ha come prima, e, forse, unica ambizione di andare al ballottaggio per una sfida diretta con il Pd conservando il monopolio di partito anti-sistema. c) le difficoltà maggiori sono tutte del centrodestra costretto a una strategia ambivalente: anti-sistema, per competere con il grillismo, e di forza moderata per competere con Renzi.
     Dal voto regionale in Francia arriva però uno scossone di più ampia portata. Si tratta del perimetro ormai asfittico al cui interno si gioca la contesa democratica fra i partiti di sistema. FN, in Francia, e i grillini, in Italia, crescono più di altri partiti proprio perché percepiti dagli elettori come forze di alternativa radicale. Come possono reagire i partiti tradizionali? Non nel modo un superficiale di Manuel Valls, che ha evocato il rischio di una guerra civile in caso di vittoria della Le Pen. La stessa divisione fra partiti stabilizzatori e partiti anti-sistema è destinata a saltare in senso inclusivo, per convenienza delle forze tradizionali: FN e grillini devono essere messi alla prova del governo prima che il monopolio esclusivo dell'anti-politica ne faccia le uniche forze capaci di rinnovare la politica. Si tratta di obiettivi ambiziosi ma anche decisivi e per raggiungerli si rende necessario un ricambio radicale del ceto politico delle forze tradizionali. Questo è un punto a vantaggio di Matteo Renzi nella sfida aperta con Grillo. È invece l'handicap maggiore per il centrodestra che si presenta vecchio nei programmi e nel personale politico, a dispetto dell'anagrafe.








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