sabato 7 novembre 2015

PIÙ POVERI, PIÙ CRISTIANI? L'EQUAZIONE DIFFICILE DI BERGOGLIO


di Massimo Colaiacomo

     L'ultimo scandalo che sta scuotendo la Chiesa di Roma è motivo di stupita soddisfazione soltanto per coloro (e sono molti e molto influenti) che, in perfetta malafede, additano da sempre la Chiesa quale "sentina di ogni vizio" o "novella Babilonia", come la definì Francesco Petrarca in una sua epistola. Per i cattolici, invece, è un altro motivo di profonda amarezza non tanto "sapere" quello che il semplice buon senso intuisce quanto piuttosto vedere e constatare il disinvolto accanimento con cui personaggi, laici o religiosi, hanno deciso di trasformare in occasioni di arricchimento qualsiasi cosa riguardi il governo materiale e "umano" della Chiesa cattolica.
     Quanti dei giornalisti, opinionisti e commentatori che scrivono scandalizzati della fuga di notizie dal Vaticano, che puntano il dito contro il tenore di vita sardanapalesco di cardinali e monsignori sono cattolici? Per dirla con Papa Francesco "chi sono loro per giudicare" i comportamenti di persone estranee alla loro vita e giudicare la distanza ben visibile fra la predicazione evangelica della Chiesa e gli stili di vita di chi predica?
     Si arriva a un primo punto della questione: la Chiesa cattolica deve farsi "povera fra i poveri", come sostiene il Papa, per condividere e vivere la povertà, oppure deve combattere la povertà, con le armi previste dal Vangelo e dunque nei modi propri di un grande organismo religioso che vive e opera in questo mondo? Detto altrimenti: è possibile che la Chiesa di Bergoglio ami a tal punto i poveri da volerne sempre di più? E un numero crescente di poveri coinciderà necessariamente con un numero crescente di cristiani?
     Una  seconda questione è proprio questa: la predicazione della Chiesa si è fatta, con Papa Bergoglio, ancora più universale e la dimensione mediatica del suo messaggio è tale da travalicare i paradigmi e i valori dell'Occidente liberale e capitalista. Se la ricchezza era per Calvino "il segno della grazia divina" il cui beneficiario, titolare del libero arbitrio, avrebbe "cristianamente" condiviso con gli indigenti e gli ultimi, per la Chiesa cattolica di Bergoglio essa torna ad essere lo "sterco del diavolo", una presenza comunque peccaminosa, che prescinde dai mezzi più o meno leciti usati per accumularla.
     Quello fin qui intravisto come un Papa "rivoluzionario" o addirittura "comunista", si rivela, sotto questo aspetto, un pontefice straordinariamente conservatore, per certi versi riporta la Chiesa indietro perfino rispetto alla Rerum Novarum di quel Papa straordinario e lungimirante che fu Leone XIII. Il mondo è il luogo del male - ci dice la chiesa del Papa argentino - e gli uomini si fanno volentieri, per l'egoismo smodato o per la brama di profitto - strumento del male. Se davvero le cose sono messe in questo modo, come spiegare allora, sul piano della logica umana, un Giubileo della misericordia per esaltare Gesù misericordioso e non più giudice? Se gli scandali nella Chiesa o il profitto irragionevole come lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo sono da condannare  secondo la logica umana, non sono forse ugualmente da giudicare, e da condannare, sul piano teologico?
     Tenere insieme, sullo stesso piano, la logica della giustizia umana e la misericordia senza limiti di Dio verso le debolezze umane, sta generando un corto circuito all'interno del mondo cattolico. Il peccato ha una sua logica tutta interna alla fede, ma le cause del peccato risiedono "in" questo mondo e negli uomini che lo popolano. Può la Chiesa condannare le cause del peccato e scegliere una sorta di "epochè" sul peccatore, con ciò recidendo ogni nesso fra le radici del male e la sua manifestazione? Papa Bergoglio ha impostato un'equazione difficile da risolvere. L'equazione è stata impostata secondo la logica di un uomo che viene "dalla fine del mondo" mentre la soluzione è da cercare nel cuore del mondo e della cristianità. Se Papa Benedetto XVI aveva intuito la grave crisi della fede nell'Occidente secolarizzato, al punto da nominare mons.Rino Fisichella a capo di un dipartimento ad hoc, per Papa Francesco la questione non si pone: l'occidente non solo è perduto, ma è una terra contaminata da cui la Chiesa deve guardarsi. Sono due punti di vista irriducibili e inconciliabili. "In questo mondo ma non di questo mondo", è scritto nei Vangeli. Bergoglio vuole la Chiesa in questo mondo e, dal suo punto di vista, la vuole anche "di questo mondo". Esattamente come quei monsignori diventati simbolo di lusso e di mondanità.

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