giovedì 21 agosto 2014

LA JIHAD CHE È IN NOI

di Massimo Colaiacomo

Le Chiese, quelle cattoliche, sono vuote. Pochi i fedeli che si recano a Messa la domenica. Una stima della Cei, alcuni anni fa, calcolava in circa 7 milioni i cattolici che frequentavano la Chiesa nel giorno dedicato a Dio. Pochi rispetto ai circa 23-24 milioni degli anni Sessanta. Quel numero segnala l'avvenuto processo di secolarizzazione della società italiana ma in generale dell'Occidente scristianizzato. Un grande Papa come Benedetto XVI aveva capito l'insidia luciferina di quei numeri ed era corso ai ripari, o così credeva, nominando mons. Rino Fisichella responsabile dell'evangelizzazione in Europa. La Chiesa globalizzata di Papa Wojtyla non si era accorta di aver perso le radici proprio dove era nata.
Il discorso di Ratzinger a Ratisbona, non meno della sua lectio magistralis al Bundestag nell'autunno 2011, venne salutato da una salva di critiche poiché per la prima volta un Pontefice romano aveva sostenuto che le religioni, tutte meritevoli di rispetto e ciascuna dignitosa nella propria ricerca della trascendenza, non erano per questo tutte uguali. Ratzinger aveva cercato di portare la teologia cristiana fuori dalle secche del relativismo di una globalizzazione che tende a fare di tutte le erbe un fascio. Lo stesso Dio dei cattolici, degli ebrei e dei musulmani - era il succo del discorso di Benedetto XVI - non può suggerire la carità agli uni e indurre gli altri a cercare il martirio uccidendo un fratello diverso nella fede.
L'Occidente secolarizzato non può porsi domande scomode perché ciò comporta una notevole perdita di tempo nella ricerca di risposte che non sono più scontate. Non si trovano su internet o su un qualsiasi sito on line. La secolarizzazione di una società non è mai un fenomeno indolore poiché comporta un travaso di valori, e più spesso una loro distruzione, e mette a disposizione degli individui vie di fuga le più impensate. Perché, allora, una società secolarizzata e scristianizzata avverte il bisogno di valori spirituali e li trova nell'islamismo o nel buddhismo o in qualsiasi altra religione ma non più in quella cristiana e nelle sue varianti protestante o evangelica?
La confusione fra secolarizzazione e fine della vita spirituale ha prodotto quel fenomeno che tutti vediamo e di fronte al quale solo gli ingenui sgranano gli occhi per la sorpresa: la jihad fa proselitismo nel cuore di una società un tempo cattolica o protestante. È un proselitismo sui generis, poiché alla spinta spirituale si associa un'evangelizzazione ideologica contro l'occidentalismo e in genere contro le società ricche e opulente. Un cocktail simile viene servito da qualche decennio in tutti i Paesi della vecchia Europa e in America, nei modi e attraverso canali i più diversi. Certo l'immigrazione ha il suo peso, ma non è risolutivo. Una persona che crede in una causa, si infervora in sua difesa e infervora chi lo ascolta, ha una forza di persuasione incredibile e incontenibile per chi vive in una società senza più altra rotta che non sia il benessere materiale.
Aveva ragione Arturo Graf, storico piemontese dell'Ottocento, quando osservava, a proposito delle cause dei conflitti fra i popoli, che esse non vanno quasi mai cercate nei bisogni materiali dell'uomo. "Terribile e incoercibile - scriveva Graf - è la forza delle cose che non furono, non sono e non saranno". La fede, le idee, i valori ideali sono le molle più potenti che spingono l'uomo ad aggredire i propri simili.
James Fowley è stato decapitato. Un coltello, invece di un colpo di pistola alla testa, ha una forza evocatrice straordinaria perché è un altro uomo, con le sue mani, ad uccidere un proprio simile. La pistola o una raffica di kalasnikhov sarebbero state una mediazione meccanica che privava l'uccisione di Fowley della ritualità e della ferocia primitiva del gesto.
La jihad è destinata a crescere in Occidente, a fare nuovi proseliti in Gran Bretagna e altrove. La sua forza è nel deserto di valori spirituali e morali cui è ridotta questa parte del mondo. Loro credono in una cosa, noi crediamo in troppe cose per credere anche a una sola di esse. Le religioni non sono tutte uguali e il Dio di Abramo e di Isacco non può essere lo stesso Dio che ordina ai jihadisti di sgozzare i cristiani. Sarà bene che la Chiesa prenda consapevolezza piena di ciò che sta accadendo e non trasmetta, invece, nuovi segnali di resa culturale e spirituale.


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