venerdì 12 maggio 2017

WARNING DI MONTI E BINI SMAGHI SULLE CONSEGUENZE DELL'EUROPA



di Massimo Colaiacomo


     Qualcuno ha detto che l'intervista altro non è che un articolo rubato. Il tono aforistico di questa sentenza non si addice però alla bella intervista di Mario Monti sulla Stampa. Non solo per l'acutezza delle risposte, tutte senza sconti o indulgenze per il governo di Matteo Renzi, ma anche per l'intelligenza delle domande poste con il consueto, finto disincanto da Fabio Martini. Che cosa dice Monti? Niente di nuovo di quello che già si sapeva delle sue analisi. Niente di nuovo, soprattutto, rispetto alle decisioni prese durante i suoi 16, contrastati mesi di governo. A conferma di una coerenza tra il "fare" e il "dire" che è merce sempre più rara, se non proprio introvabile, sulla scena politica. Monti ha spiegato ancora una volta le "conseguenze dell'Europa" per la politica italiana mentre, in un'altra pagina dello stesso quotidiano, Lorenzo Bini Smaghi, ha spiegato le "conseguenze dell'Italia" sull'Europa. Scelta coraggiosa, entrambe le interviste, da parte di un quotidiano il cui direttore Maurizio Molinari ha scelto una navigazione in mare aperto, senza i minuetti e i birignao di troppa stampa, non solo italiana, docile quando non indulgente verso i governi in carica.
     Senza giri di parole, Mario Monti ha messo in guardia l'Italia dal coltivare qualsiasi illusione sull'arrivo di Emmanuel Macron all'Eliseo. Alle file di supporter dell'ultima ora, Monti ha snocciolato alcuni dei capitoli del programma di Macron per dire che se un asse franco-tedesco si rimetterà in moto sarà dovuto al fatto che Macron farà le riforme e bullonerà il deficit di bilancio come mai nessuno prima di lui aveva tentato di fare. Guai a immaginare - è l'avvertimento di Monti - che con Macron all'Eliseo si mette in discesa il rilancio dell'Europa e si accelera la fine dell'austerità. Macron porta in dote alla Merkel, e quindi alla causa europea, un piano di riforme strutturali - dalla settimana lavorativa al taglio della spesa pubblica e al ridimensionamento della Pubblica amministrazione - perché è ben consapevole dei ritardi accumulati dalla Francia durante il quinquennio di Hollande.
     Chiunque in Italia dovesse pensare di avere Macron a fianco nella battaglia per un allargamento della flessibilità rischia di prendere una cantonata. Per la ragione - spiega Monti - che la flessibilità già ampiamente concessa ai governi italiani è stata sciupata nel peggiore dei modi con elargizioni, bonus e sconti fiscali dal sapore elettoralistico mentre la crescita è rimasta al palo. Per questa ragione, argomenta Monti, è illusorio pensare che la Germania potrà mai essere disponibile a togliere i vincoli di bilancio visto l'uso distorto della flessibilità fin qui fatto dai nostri governi. Se così dovessero decidere Francia e Germania "si comporterebbero verso di noi come il pifferaio di Hamelin, che dopo aver liberato il villaggio dai topi, lì incantò con la sua musica. Essi lo seguirono fino al fiume e lì annegarono. E gli italiani sarebbero proprio come quei topolini: felici e annegati".
     Questo giudizio può apparire spietato, ma l'ex premier lo argomenta molto bene quando richiama il coraggio con cui Macron si è presentato agli elettori ai quali ha parlato a viso aperto, senza cercare responsabili  al di fuori della Francia o in Europa.  Per dire, in sostanza, che l'europeismo "esibito" con coraggio si è rivelato una carta vincente contro gli allettamenti del ripiegamento nazionalista di Marine Le Pen. Al fondo di questa analisi, la domanda sottintesa di Monti è: ci sono europeisti di fede, e non per convenienza, in Italia? La risposta, meno sottintesa, sarebbe: sì, ma si tratta del solo Mario Monti.
     Pendant alle parole dell'ex premier, Lorenzo Bini Smaghi accende uno spotlight sull'ultimo bollettino della BCE e rileva che la crescita asfittica dell'Italia continua a soffrire di due gravi limiti: da un lato, la zavorra del debito pubblico; dall'altro lato, le riforme strutturali largamente incompiute o ampiamente insufficienti le poche realizzate. Da qui il suo allarme: la BCE si prepara a un monitoraggio stretto dei conti pubblici dell'Italia e invocare nuova flessibilità, visto come è sta utilizzata quella fin qui concessa, rischia di provocare soltanto irritazione a Berlino e Francoforte. È appena il caso di notare che entrambi gli intervistati sono conoscitori profondi delle dinamiche economiche e politiche essendo stati, in fasi diverse, Mario Monti commissario alla concorrenza e Bini Smaghi membro del board della Bce.
     Lo stridore fra queste analisi e le cronache quotidiane della politica è forte a tal punto da provocare il capogiro. Vorrà pur dire qualcosa se il tema dominante in questi giorni e nei prossimi rimane quello della legge elettorale. Esattamente come a Bisanzio prima del crollo dell'Impero.


     


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