domenica 12 aprile 2015

L'ITALIA DI RENZI FRA IL TESORETTO E L'ORCHESTRA DEL TITANIC

di Massimo Colaiacomo

     Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha dato prove ripetute di grande scaltrezza. Svicola fra gli ostacoli con la leggerezza di uno slalomista. Quando la realtà si fa più pressante e lascia scarsi margini, ecco che Renzi dà fondo alle sue risorse di comunicatore e si muove fra i problemi back and fill, come dicono gli inglesi: si destreggia, frequenta la simulazione e la dissimulazione doti, come annotava il cardinal de Retz, decisive perché un politico si trasformi in leader.
     Renzi, insomma, simula un'aggressione radicale ai problemi annosi della società italiana, salvo ritrarsi quando gli attori di quei problemi, cioè gli elettori, fanno la faccia feroce contro ogni riforma che minacci di danneggiare le loro rendite di posizione. Le riforme liberali delle professioni o la riduzione delle municipalizzate, insomma quel che si dice la ritirata dello Stato e una sua presenza meno invasiva nella vita quotidiana dei cittadini sono titoli che campeggiano in bella vista nel libro dei sogni del premier. La realtà è più prosaica. Nella realtà quei sogni diventano liquidi, inafferrabili come le nuvole. Ma non irrealizzabili, assicura Renzi quando li rinvia a una fase successiva. Slide e titoli della rivoluzione renziana campeggiano da mesi sui mass media, peccato che manchi la rivoluzione.
     Così la storia del "tesoretto" che Renzi vorrebbe chiamare in altro modo ma non sa in che modo, è esemplare del mood con cui il premier affronta la realtà. Fino a un istante prima, aveva fronteggiato la rivolta dei sindaci contro l'ipotesi di nuovi tagli ai trasferimenti degli enti locali necessari per far quadrare i conti. Poi, all'improvviso, ecco che da un cassetto mai aperto escono fuori 1,6 miliardi di euro. Un avanzo niente male. A chi destinarlo? Una domanda che sta facendo impazzire il circo della politica e alimenta il populismo della peggiore specie. Salvini li vuole per gli esodati, Vendola e il Pd per allargare agli incapienti il bonus di 80 euro (il tesoretto, scusate, si replicherà anche nei prossimi anni oppure si danno 80 euro una tantum per toglierli nel 2016?). La roulette sul tesoretto è soltanto l'ultimo indecoroso spettacolo della politica che gira a vuoto attorno ai problemi nel tentativo di dissimulare la realtà. Sul lato opposto del tesoretto c'è un Paese in crescente affanno dove l'orchestra del renzismo intona qualche valzer anche se gli scogli di una crisi economica mai superata affiorano minacciosi.
     La giostra di Renzi gira però senza problemi grazie all'assenza di un'opposizione un minimo seria. Se si pensa che il più grave problema del principale partito di opposizione è come trovare un candidato governatore in Puglia per rimpiazzare il candidato Schittulli arruolato da Fitto, è facile capire come Renzi giochi sul velluto e può permettersi qualsiasi scivolone. Il vuoto pneumatico in cui  
gira l'ombra di quello che fu il leader più votato nella seconda Repubblica è l'immagine eloquente della grande crisi in cui naviga la politica che si trova alla vigilia di una nuova, grande implosione degli schieramenti. Dopo le regionali nulla sarà più come prima. Forza Italia è destinata a ridursi in un piccolo drappello parlamentare, un presidio militare a tutela degli interessi di Silvio Berlusconi. Il resto del partito è destinato a confluire in formazioni più o meno nuove. Fitto e Tosi, i due esponenti politici che hanno dato l'assalto alle rispettive leadership nella Lega e in Forza Italia, sono destinati a trovare un accordo per dar vita, con Passera e forse Casini, a un rassemblement moderato nella prospettiva di costruire un'alternativa al renzismo.
     Sono ipotesi da verificare e la verifica sarà il risultato delle elezioni regionali. Dopo il 31 maggio il quadro politico uscirà stravolto, soprattutto nel centrodestra. E lo spazio politico sarà soltanto per coloro che sanno esaltarsi nel campo di battaglia. Dove questa volta non ci sarà Silvio Berlusconi. 

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