domenica 5 ottobre 2014

MERKEL E DRAGHI ARBITRI DELLA LEGISLATURA, A RENZI NON BASTA PIÙ L'OSSIGENO DI FORZA ITALIA

di Massimo Colaiacomo

Il Patto del Nazareno è l'unico, vero cemento della legislatura. Il resto è scritto sull'acqua. Quando scade il Patto del Nazareno scade la legislatura e, con la legislatura, scadono Forza Italia e il centrodestra, presenze sempre più pulviscolari nel quadro politico. Berlusconi non rottama Forza Italia perché non ha alternative: il brand ha la sua utilità, come si è visto, immaginarne un altro è perfettamente inutile per un leader preoccupato soltanto di governare il proprio declino.
La frantumazione degli schieramenti segue ritmi e tempi diversi a destra e a sinistra. Berlusconi è un leader ormai inadeguato a federare altre forze sulla base di un progetto politico forte e credibile. Contestato dentro Forza Italia, da chi, come Raffaele Fitto, ha avuto il coraggio di denunciare il vuoto politico in cui annaspa il partito, ha perso ogni forza attrattiva verso gli altri alleati. Considera Alfano un traditore, ammicca a Salvini come a "un tribuno di cui tener conto" ma non scalda il cuore di Fratelli d'Italia. Fuori da questa galassia, e con una presa ancora scarsa su di essa, si muove il satellite velleitario di Corrado Passera che potrebbe essere raggiunto presto da Diego Della Valle: due presenze sulla cui forza è lecito nutrire molti dubbi.
A sinistra le cose sono del tutto diverse. Matteo Renzi ha la forza attrattiva sulla società come era per i primi tempi di Berlusconi. Un politico intelligente come Matteo Richetti ha ben riassunto il problema di Renzi: dialoga con il Paese, saltando il partito, e questo apre una questione sulla credibilità politica del PD che mobilita milioni di elettori ma smobilita gran parte degli iscritti. L'idea dell'uomo solo al comando si è fatta strada, forse oltre le intenzioni dello stesso Renzi, e questo complica terribilmente ogni proposta di riforma delle istituzioni. Perché il Senato e la legge elettorale, sempre che regga il Patto del Nazareno, saranno abiti confezionati su misura non più sul sistema dei partiti ma sulla capacità e sulla forza del candidato di imporre la leadership nel proprio schieramento.
Renzi ha conquistato milioni di elettori al PD ma questa circostanza inquieta una parte dell'apparato del partito che vede così minacciata quella certa idea della politica da elaborare all'interno degli organismi e dell'apparato. Resta da chiedersi se la capacità di espansione di Renzi nella società italiana abbia toccato il suo apice o se disponga di ulteriori margini. Di sicuro si sono ristretti i margini per le formazioni minori alla sua sinistra, erosi dalla capacità manovriera del premier.

Sulla partita politica che Renzi gioca in Italia pesa l'ipoteca di un arbitraggio esterno sul quale il premier non può esercitare nessun condizionamento. Renzi ha preso impegni in Europa e la Commissione europea, e dunque il Partito popolare e dunque Angela Merkel, sono i veri arbitri della partita politica in Italia. La Legge di stabilità varata dal Consiglio dei ministri non è diversa da una lastra di difficile lettura, con alcune opacità sulle quali i radiologi di Bruxelles vorranno fare chiarezza. Troppe clausole di salvaguardia, e quindi troppi rischi di nuove tasse (meno detrazioni fiscali sono nuove tasse, chiamate diversamente). Il premier gioca di sponda con la Bce, in attesa di vedere se e in che misura il "quantitative easing" preannunciato da Mario Draghi ma duramente osteggiato dai Paesi nordici (e da quanti come Grecia, Spagna e Portogallo hanno "fatto i compiti a casa" e sono ora contrari a concessioni per Francia e Italia dopo essersele viste negare). Ma Draghi non è indulgente: le misure monetarie non sostituiscono le riforme strutturali. Come nel gioco dell'oca, Renzi torna alla casella iniziale: ha la forza in questo Parlamento, e nel PD, per fare quello che a nessuno prima di lui è riuscito?  

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