giovedì 2 maggio 2013

SPAZI STRETTI PER IL GOVERNO, LETTA ATTESO A SCELTE AMBIZIOSE O CONDANNATO A BREVE SOPRAVVIVENZA



di Massimo Colaiacomo

     L'idea del presidente del Consiglio Enrico Letta di farsi affiancare dall'Ocse nella ricerca di soluzioni adeguate per combattere la disoccupazione, giovanile in particolare, è un'idea insieme eccellente e insidiosa. L'opposizione politica all'esecutivo non tarderà a trarne come conseguenza che l'Italia è sulla via di un comissariamento, morbido o strisciante che sia, da parte dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Vero è che non si tratta della Banca mondiale o del Fondo monetario internazionale, sentinelle occhiute dei conti pubblici e messaggeri di manovre fiscali, ma l'idea di Letta, frutto sicuramente di un'intenzione seria, presta il fianco alle critiche di quell'arcipelago grillino che raccoglie lo scontento e l'animo malmostoso che agita il Paese.
     Nel suo tour presso le capitali europee, Letta ha toccato con mano quanto già sapeva. Al netto della cortesia e della fiducia per la sua persona, ha potuto riscontrare che margini di flessibilità nella gestione del debito, e più ancora del deficit, ci sono ma sono drammaticamente scarsi. In sostanza, il nuovo governo italiano può azionare la leva fiscale a condizione che questo non comporti lo sforamento del rapporto deficit-Pil fissato al 3%. E già oggi, come ha confermato l'OCSE, si viaggia intorno al 3,3%, cioè superiore di un 10%. Se facessero fede questi dati e non quelli della BCE, ecco che la procedura di infrazione contro l'Italia non potrebbe essere chiusa, come invece sarà, nelle prossime settimane.
     L'Ocse ha sfornato una serie di dati sull'Italia dai quali si ricava una foto in chiaroscuro della situazione economica e sociale. Con una chiara prevalenza delle tinte forti. E' vero che la raccomandazione finale socchiude la porta alla speranza annunciando che l'Italia potrebbe uscire dalla crisi alla fine del 2013. Ma a ben vedere si tratta di un obiettivo per conseguire il quale vengono suggerite misure e riforme talmente incisive da mettere a dura prova una maggioranza politica forte nei numeri ma assai meno coesa nello spirito.
     La realtà economica vista con gli occhi delle forze sociali non coincide minimamente con la view dell'OCSE. Cgil, Cisl e Uil hanno richiamato il governo ad agire rapidamente per alleggerire la pressione fiscale su lavoro e famiglie. Ad essi si è associata la Confcommercio, per ricordare al governo che anche la cancellazione dell'IMU deve far parte di un pacchetto di rilancio dei consumi. Non serve aggiungere che il capogruppo PdL alla Camera, Renato Brunetta, ha snocciolato la sua quotidiana litania sui benefici straordinari che verranno all'economia dalla sparizione dell'odiata tassa. Brunetta ha elogiato il presidente Letta per la posizione assunta nei riguardi di Merkel e delle autorità europee, ma ha ripetuto la sua messa in guardia: senza la cancellazione dell'IMU non ci sarà più un governo.
     La battaglia sull'IMU assomiglia sempre di più al fronte delle Ardenne nell'inverno del '44. Berlusconi vuole "sfondare" su questo capitolo del programma, avendone fatto la bandiera del suo personale impegno politico. E' evidente, però, che risolta per il momento la partita con la "sospensione" della rata di giugno, la discussione vera sul terreno fiscale si intavolerà a ridosso dell'estate. Quando il governo aprirà il capitolo fiscale, tutti dovranno calare le loro carte. E allora a nessuno più sarà concesso il bluff e la propaganda facile. Per ogni posta di bilancio che comporti aggravi di spesa si dovrà indicare un taglio corrispondente, permanente e strutturale.
     L'espediente retorico dei tagli alle "spese inutili" mostra già adesso la corda. Chi classifica e sulla base di quali criteri le spese inutili per distinguerle da quelle utili? Ad esempio, abolire 106 Province è una misura che sicuramente snellisce e semplifica l'assetto istituzionale. I risparmi che essa consente, stimati intorno ai 2 miliardi l'anno, sono ragguardevoli se immaginiamo un esercito di circa 5000 fra consiglieri e assessori che non percepiranno più indennità. Bene: ma gli eserciti di staff e autisti vanno ricollocati altrove. E le funzioni svolte dalle Province (edilizia scolastica, manutenzione delle strade) vanno intestate ad altri enti. 
     Su questi capitoli quali scelte il governo sarà in grado di compiere? Quali strumenti sarà in grado di mettere in campo per restituire efficienza all'amministrazione pubblica sottraendola al ruolo delle Gorgoni che tutto distruggevano e annientavano con il solo sguardo?
     Crescita, rilancio dei consumi e occupazione giovanile sono al momento i titoli più gettonati nel dibattito pubblico. Sarà interessante capire che cosa sapranno scrivere governo e forze sociali una volta aperti i singoli capitoli. Soprattutto sarà interessante capire se il governo troverà la forza e la coesione della maggioranza per fare le scelte dolorose ma inevitabili se vuole scrivere pagine nuove. Enrico Letta ha pochi mesi a disposizione: per superare l'estate e avviare una navigazione in mare aperto non potrà accontentarsi di sopravvivere ma dovrà puntare tutto su scelte ambiziose da fare prima e spiegare dopo al Paese. 

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