di Massimo Colaiacomo
Christine Lagarde poteva risparmiarsi certe affermazioni alquanto ruvide sullo spread la gestione della cui ampiezza non rientrerebbe, così ha fatto intendere, fra i compiti della Bce. Quest’affermazione, come tutti hanno potuto constatare, ha scatenato un generale panic selling sulle Borse mondiali ma ha spezzato le gambe in particolare a Piazza Affari caduta di oltre il 16%. In questi casi, come usa dire, sono stati “bruciati” centinaia di miliardi. Un’affermazione temeraria e infondata, poiché i miliardi bruciati riguardano eventualmente i venditori, che registrano perdite più o meno notevoli, non certo i compratori che si preparano a fare buoni affari.
Se si guarda con più ragionevolezza e meno emotività all’affermazione di Lagarde non si può trascurare un aspetto importante che non è subito balzato all’attenzione degli osservatori. La presidente della Bce ha voluto richiamare gli Stati dell’eurozona a farsi carico delle responsabilità e delle decisioni conseguenti e ineluttabili per fronteggiare l’emergenza sanitaria da coronavirus e le sue imponderabili conseguenze economiche. Se c’è un leader politico a doversi sentire chiamato sul banco degli imputati dall’affermazione di Lagarde, questa è Angela Merkel. Non sappiamo come gli analisti hanno interpretato la sua affermazione di qualche giorno fa. La Germania è pronta a sostenere tutti gli sforzi economici necessari contro il coronavirus. Ecco il punto cruciale, il bersaglio contro cui erano indirizzate ieri le parole di Lagarde: la Germania “è pronta”. E l’Europa? E la Commissione europea?
Lagarde non ha negato, come si è pensato in un primo momento, la disponibilità della Bce a sostenere i bilanci pubblici, in particolare di quei Paesi, come l’Italia, più colpiti dalla diffusione del contagio e dunque più vulnerabili nell’attività delle sue filiere produttive. No, la presidente della Bce ha voluto mettere la Commissione europea e i singoli Stati di fronte alle loro responsabilità politiche. Decidete voi, è stato in sostanza il suo messaggio, se e in che misura ritenete opportuno valicare i bastioni del deficit e del debito pubblico fissati nel Trattato di Maastricht. Una denuncia dell’inadeguatezza delle scelte politiche quale mai si era vista o sentita prima d’ora. Ma anche assolutamente in linea con il suo predecessore Draghi del quale Lagarde si limita a sviluppare le conseguenze del suo whatever it takes. Con una chiosa importante: la Bce è impegnata da anni nel ruolo di supplenza della politica comunitaria, ora è il momento che sia la politica ad assumersi la responsabilità di scelte e decisioni non più rinviabili. E il discorso tocca il cuore della politica tedesca, sorda a ogni richiamo di ridurre il suo surplus commerciale. E colpisce l’egoismo dei Paesi di Visegrad, riottosi, al pari dell’Europa del Nord, a superare le colonne d’Ercole dei parametri di Maastricht.
Vista sotto questa luce, l’affermazione di Christine Lagarde può ragionevolmente iscriversi fra i combattenti per un’Europa davvero politica e non soltanto tenuta insieme dalle politiche monetarie della Bce.